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Blog · martedì 19 maggio 2020

La nostra Montagna ai tempi del Coronavirus

L’emergenza sanitaria globale che ha sconvolto la nostra vita quotidiana nei primi mesi del 2020 ha fatto riflettere molti sul peso della nostra impronta ecologica.

La nostra Montagna ai tempi del Coronavirus

L’emergenza sanitaria globale che ha sconvolto la nostra vita quotidiana nei primi mesi del 2020 ha fatto riflettere molti sul peso della nostra impronta ecologica. La comunità scientifica internazionale non ha ancora raggiunto un’omogeneità di pareri e opinioni sulle capacità di diffusione del SARS-coV-2 perché, si sa, la scienza procede per congetture da cui ricavare conseguenze e ciò che è nuovo necessita di essere studiato e osservato. Su un punto però quasi tutti i massimi esperti mondiali sembrano convergere: il nuovo virus che sta colpendo il mondo intero pare essere derivato da un salto di specie, uno spillover in inglese, nello specifico dal pipistrello all’uomo. Per maggiori approfondimenti rimandiamo alla lettura di questo articolo su Scienza in Rete

Rileggendo la storia del nuovo virus in questi termini la prima curiosità che sorge è : ”Come è stato possibile?” – “Perché mai un virus respiratorio che abitava nei pipistrelli avrebbe dovuto spostarsi all’uomo?”

Le risposte possono essere molteplici e multidisciplinari ma certamente tutte vi condurranno a realizzare che ciò che è avvenuto è una conseguenza delle attività umane sugli ecosistemi naturali, alterati e modificati secondo le nostre esigenze più immediate ma non per forza compatibili con gli equilibri su cui si regge il delicato e fragile sistema vivente del quale anche noi facciamo parte.

E tutto questo perché mai dovrebbe riguardare la montagna? Ognuno di noi potrebbe dare una risposta diversa a seconda della propria sensibilità.

Per Montanamente montagna significa tante cose, certamente lavoroescursioni e trekking dove far scoprire agli appassionati la magia delle terre alte.

Ma forse, più di tutto, per noi montagna significa spazio dove gli equilibri con l’ecosistema che abitiamo non sono solo auspicabili ma necessari.

Vivere in montagna significa dover rispettare l’ambiente e le sue risorse perché da queste si dipende per la propria sopravvivenza. Vivere in montagna è possibile solo con la pazienza, l’attesa, la rinuncia, la ponderazione, l’umiltà.

Aspetti che il folle mondo che abitiamo non può permettersi di tenere in considerazione. I valori sono altri, l’ambiente è diverso e l’alienazione tanta. In montagna se tagli il bosco indiscriminatamente e non prendi solo ciò che ti serve avrai le valanghe e le inondazioni. Se non sfalci l’erba, non potrai sfamare i tuoi animali. Se non coltivi la terra, non saprai cosa mangiare.

Se non porti le tue vacche in alpeggio e non presidi il territorio, non avrai formaggio di qualità da vendere. Se non curi il tuo paesaggio culturale e lo abbandoni, non avrai turisti e il tuo piccolo negozio di artigianato sarà costretto a chiudere. Se cerchi di raggiungere una cima in mezzo ad una bufera di neve, rischierai di perderti. Se fai sciogliere i ghiacciai, avrai meno acqua potabile a disposizione.

E ora che la montagna ci manca, ricordiamoci che non può essere solamente quel luogo da invocare quando la claustrofobia da quarantena ci opprime, quel luogo da riempire le domeniche di gennaio sulle piste da sci o il mese d’agosto negli affollati rifugi dolomitici, quel luogo dove prendere spunto per patinare le riviste o quel luogo dove poter staccare record di velocità e firmare la prossima impresa agonistica.

Per chi in montagna ci vive e la vive tutto l’anno, la montagna non può essere ricordata solo nelle occasioni appena descritte o quando serve una panacea per risolvere i mali di fondovalle. Abbiamo bisogno di capire come fermare lo spopolamento, la perdita di biodiversità e identità culturale derivante dal declino dell’"alpicoltura", di capire come permettere ai “restanti e ai nuovi montanari” di vivere degnamente in montagna e quindi attivare quei servizi indispensabili e coordinati con lo sviluppo sostenibile del territorio, dobbiamo sapere con quale strategia si intende affrontare il recupero e la valorizzazione delle aree interne, cioè quelle aree marginali della nostra geografia fisica e umana dove però, ne siamo certi, risiede anche la cura al virus.

E non intendiamo il nuovo Coronavirus, ma il declino verso il quale la nostra umanità si sta lanciando, fatto di distruzione e appropriamento indebito delle risorse naturali, di inquinamento, ritmi frenetici di produzione e consumo, di individualismo, di violenza, urla e competizione.

Viva la montagna. Ritorneranno i prati.